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8  Marzo : Festa della donna

 

 

L’8 Marzo è una data simbolica per ricordare il tributo di sangue versato dalle donne nella lotta contro la miseria e lo sfruttamento, perpetrato nel corso dei secoli, per affermare nel mondo il grande ideale dell’emancipazione femminile che ha portato all’acquisizione della dignità e della libertà di esprimere il proprio pensiero e talento, partecipando in tal modo attivamente alla vita della “societas”.

 

“Le donne: intrecciano, raccolgono, impastano, governano, spianano, arbitrano, vendono, contano … tutte le donne sono la stessa; non esiste varietà che nelle circostanze”.

(Alphonse Karr)

 

SIGNIFICATO DELLA MIMOSA:

 

Il fiore simbolo dell’ 8 marzo è stato "inventato" in Italia, esattamente nel 1946. L’Udi (Unione Donne Italiane) stava preparando il primo "8 marzo" del Dopoguerra, e si pose il problema di trovare un fiore che potesse caratterizzare visibilmente la Giornata. C’era il precedente del garofano rosso per la festa dei lavoratori del Primo maggio, che come simbolo aveva sempre funzionato bene, soprattutto negli anni del fascismo, durante i quali metterselo all’occhiello era un segnale inequivocabile, e non privo di rischi. Alle giovani donne romane piacquero quei fiori gialli profumatissimi, che avevano anche il vantaggio di fiorire proprio nel periodo giusto e non costavano tantissimo. Quindi la scelta della mimosa non ha un significato recondito, ideologico, ma fu una scelta semplice e casuale. Un’idea, però, di grande successo visto che si è riproposta sino ai nostri giorni. Si offre alle ragazze, alle mogli ed alle amiche, alle impiegate nei luoghi di lavoro ed alle mamme. E’ un dono che viene fatto non solo dagli uomini, ma si usa regalarsela anche fra donne. E oltre ad essere un fiore profumatissimo e durevole, lo si trova l’8 marzo come "logo" di tanti manifesti, cartoline e copertine di giornali.

 

LE ORIGINI DELLA FESTA DELL’8 MARZO:

 

Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.

Questo triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica.

Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto.

Ai giorni nostri la festa della donna è molto attesa. Le associazioni femminili organizzano manifestazioni e convegni sull'argomento, cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi che pesano ancora oggi sulla condizione femminile, ma è attesa anche dai fiorai che in quel giorno vendono una grande quantità di mazzettini di mimose, divenute il simbolo di questa giornata, a prezzi esorbitanti, e dai ristoratori che vedranno i loro locali affollati, magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del 1908, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza. Nel corso degli anni, quindi, sebbene non si manchi di festeggiare queste data, è andato in massima parte perduto il vero significato di questa ricorrenza, perché la grande maggioranza delle donne approfitta di questa giornata per uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della "trasgressione", che può assumere la forma di uno spettacolo di spogliarello maschile, come possiamo leggere sui giornali, che danno grande rilevanza alla cosa, riproponendo per una volta i ruoli invertiti.

Così molte donne che rifiutano l'immagine della donna proposta dalla società odierna, per anni hanno smesso di riconoscersi in questa giornata.

Ma le condizioni che ne fecero una giornata di lotta, non sono state rimosse e ancora la donna è troppo spesso  ultima tra gli ultimi.
Sarebbe forse necessario riappropriarsi di questa giornata per farla tornare ad essere un momento di riflessione e di confronto, non per superate lotte tra sessi, ma per rinnovare le alleanze tra tutti coloro che rifiutano la sopraffazione e la violenza e credono nella pace e nella solidarietà umana.

La figura della donna nel corso dei secoli:

In tempi antichi, le società umane erano organizzate in modo che i maschi lavoravano fuori casa per la caccia o per la raccolta; le donne si interessavano del lavoro domestico. La virilità veniva esaltata anche a causa della guerra, la quale svalutava il ruolo delle femmine che non combattevano. Così, i maschi sono stati sempre importanti dal punto di vista sociale; le femmine sono state maltrattate o poco curate. Questi ruoli sono stati duri a morire anche nelle società moderne, fino a quando le persone non si sono rese consapevoli di quanto questi ruoli abbiano condizionato la loro vita quotidiana.

Già presso il popolo ebraico, infatti, la donna era considerata dipendente dall’uomo, essendo stata creata, secondo quanto afferma la Sacra Scrittura, dopo di lui, come «osso delle sue ossa e carne della sua carne». Per i greci, considerati maestri di sapienza, la donna erapercepita ignorante e quindi essendo considerata un essere inferiore la sua libertà era limitata e destinata alla passiva obbedienza dell’uomo. Aristotele, uno dei massimi filosofi, afferma che essa è "per natura difettosa e incompleta". Il grande scrittore greco di tragedie Euripide sostiene "La donna è il peggiore dei mali". Anche nell’epoca Romana la condizione della donna non era poi tanto migliore visto che era condannata a vivere in un stato di perpetua minorità e soggetta alla tutela del padre o del marito.

Nel Medio Evo quell’atteggiamento di ostilità e di oppressione nei confronti della donna era forte più che mai, anche se certe donne, a seconda della loro condizione sociale, occupavano una posizione veramente influente nella vita politica, religiosa e artistica. Si pensi a figure  illustri come ad esempio Sainte Geneviève - la patrona di Parigi, Giovanna d’Arco e Clotilde, moglie di Clodoveo, che fu protagonista nella conversione dei francesi al cattolicesimo.Malgrado tutto, questo periodo, relega la donna in una posizione di netta inferiorità. Nella società medioevale la donna, dal momento del matrimonio, abbandonava la sudditanza della casa paterna ed entrava a far parte della "grande famiglia patriarcale" del marito. Gli unici ruoli che poteva svolgere erano le faccende domestiche nella casa ed il lavoro nei campi.

Però con il passare degli anni, la donna incomincia ad acquistare una maggiore consapevolezza di sè e dei suoi propri diritti. Con la nascita della cultura cortese la figura della donna è, in un certo senso, esaltata; sorge l’equilibrio fra sensualità e spirito. Nell’ambito religioso nasce il culto della Vergine. Anche nei movimenti poetici come il dolce Stil Novo si nota un genere di idealizzazione della donna, dove essa diviene il simbolo mondano della perfezione divina – si pensi alla Beatrice di Dante nella Divina Commedia.

Ma anche se la donna ispirava i movimenti poetici in modo rilevante, resta il fatto che alla fine dell’800 il sesso femminile era ancora disprezzato e umiliato.

Nell’Italia unita, la Camera dei deputati del Regno d’Italia, escludeva dal voto politico le donne, al pari degli “analfabeti, degli interdetti, dei carcerati e dei falliti” e inutilmente Giuseppe Mazzini considerava sbagliato tutto ciò perché in contrasto con “l’unità del genere umano”, aggiungendo che “l’inferiorità” della donna “dimezzava l’anima” del progresso.

Rendendosi conto dell’ingiustificato stato di superiorità maschile e di oppressione femminile, le donne decisero di rivendicare i primi diritti d’uguaglianza. Con la rivoluzione industriale la donna compie un passo decisivo per la sua emancipazione, affiancandosi all’uomo nel lavoro in fabbrica anche se lo stipendio e’ nettamente inferiore. Infatti, con la trasformazione capitalistica dei rapporti di produzione che richiamavano verso le città enormi masse in cerca di lavoro, si affermò la "piccola famiglia patriarcale" composta di un solo nucleo famigliare e il conseguente ingresso della donna nell'ambito lavorativo della fabbrica che ha permesso (anche perché era nell'interesse del capitale), l'inizio della sua emancipazione pur senza permetterle di acquisire un'istruzione che le consentisse una reale parità con l'uomo anzi, lo sfruttamento delle donne e dei bambini era, e ancor oggi nella maggior parte dei Paesi del mondo rimane, il peggiore.

Effettivamente la condizione socio-economica della donna tra fine ‘800 e primi ‘900 era di drammatica disparità: il lavoro femminile veniva difficilmente riconosciuto come tale e in ogni caso lo stipendio delle lavoratrici era poco. Nel 1902, le donne venivano, per legge, escluse dai lavori ritenuti “pericolosi” o inconvenienti, cioè da quelle occupazioni ritenute incompatibili con le attitudini femminili.

Tutto ciò, per trattenere la donna in quella che era ritenuta la sua sede naturale: la casa. Gli uomini temevano la concorrenza del lavoro femminile ed era in voga lo slogan: “le donne che lavorano, non sono donne, sono uomini!”.

Per quanto riguarda l’istruzione solo nel 1874 fu permesso alle donne l’accesso ai licei e alle università, ma le iscrizioni femminili continuarono ad essere respinte. Una volta preso il titolo di studio, la donna poteva accedere alla professione scelta? Nemmeno per sogno! Nel frattempo, sorgevano le prime associazioni femminili, ma regolarmente venivano bocciati i progetti di legge per garantire il voto alle donne, sempre più unite per la causa della loro libertà e del loro riscatto. Nei primi anni del 1900 la pedagogista Maria Montessori chiamava a raccolta le donne italiane, perché si scrivessero nelle liste elettorali.

Ne seguì una lite, tra favorevoli e contrari. Poi scoppiò la prima guerra mondiale. Gli uomini andarono al fronte, le donne dovevano sostituirli nel lavoro, nelle fabbriche e nei campi. Ciò contribuì a favorire la parità dei sessi e aprì alla donna ogni campo di lavoro.

Ma nel dopoguerra le donne furono rispedite a casa, accusate di rubare il lavoro ai reduci! Riprendeva intanto il dibattito sul voto delle donne ma il Fascismo segnò la fine dei questo sogno e anche lo smantellamento di molte associazioni femminili.

Finalmente nel secondo dopo guerra prese l’avvio un movimento cui si diede il nome di “femminismo” e che spinse a fondo la battaglia delle donne per il raggiungimento della parità giuridica, sia nella famiglia che nella società, per il loro diritto al lavoro. Così, in Italia, le donne ebbero riconosciuto il diritto al voto nel 1946 e dopo il 1968 il movimento femminista ampliò sempre più la sua area di diffusione e si impegnò attivamente per la legge sul divorzio per il nuovo diritto di famiglia, la legalizzazione dei contraccettivi, l’aborto, l’istituzione di consultori familiari. Il movimento femminista ha reso le donne di tutto il mondo consapevoli delle discriminazioni subite a causa di una errata cultura. Esse oggi si apprestano a diventare, dove non lo sono già, cittadine di serie A, al pari degli uomini; sono padrone di se stesse e la loro emancipazione si è realizzata sul piano economico, giuridico, intellettuale ed infine politico. Per sotterrare antichi tabù e perché la donna eserciti la sua enorme capacità di amare, di conoscere, di agire e desiderare, l’8 marzo è stato scelto per la giornata internazionale della donna.

La figura femminile oggi giorno e quella della donna indipendente, autonoma, libera, senza dover essere soggetta a nessuno, bensì pari agli uomini, amministrando tanto potere, autorità e importanza quanto loro.

Certo, se da un lato questa emancipazione femminile è stato un grande traguardo per la donna, dall’altro lato ovviamente c’è un risvolto negativo. Oggi infatti, nella maggior parte dei casi, la donna sposata si trova costretta ad assolvere contemporaneamente due compiti entrambi impegnativi: efficienza nel lavoro ed al contempo assolvere ai consueti compiti domestici ed all’educazione dei figli. Nel caso italiano c’è anche la responsabilità di estendere quel ruolo materno sull’intera famiglia ed occuparsi anche degli anziani.

La nuova condizione della donna non è vista come una vittoria perchè non si tratta di rivalità tra i due sessi, ma soltanto di aver ottenuto il riconoscimento di una dignità pari a quella dell’uomo e la possibilità di poter realizzarsi nella società e di mettere le diverse capacità e potenzialità al servizio della stessa comunità.

Ma dopo secoli di "progresso", la donna dei Paesi industrializzati, è ancora mercificata e utilizzata come oggetto. Sappiamo che nelle città del nostro paese, così "libero" e "democratico" sono state scoperte ragazze e bambine ridotte a lavorare in semi-schiavitù oltre 12 ore al giorno per poche migliaia di lire. Così come nella ex Germania Orientale, dopo la distruzione del socialismo o dell’Est, con la speranza di un posto di lavoro, le donne sono soggette anche alla sterilizzazione. Queste tragedie convivono con il consumismo più sfrenato, ottenuto con lo sfruttamento atroce dei popoli del cosiddetto Terzo Mondo, dove, per permettere il nostro consumismo muoiono 40.000 bambini al giorno per fame; dove la nascita di una femmina è vista come una disgrazia per le misere famiglie che hanno bisogno di figli maschi, robusti, per produrre il nostro consumismo.

 
 
   
 
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