La Tv italiana nasce il 3/01/1954, con qualche anno di ritardo rispetto agli altri Paesi europei. I primi esperimenti risalgono al 1933, senza diffusione pubblica. Prima della tv le uniche due fonti d’informazione di massa erano radio e cinema. Nel 1954 quasi il 40% dei lavoratori è nel settore agricolo, più del 32% è nell’industria e più del 28% è nel terziario. Il reddito pro-capite nel 1950 era tornato ai livelli del 1938. Parla correntemente l’italiano solo 1/5 della popolazione (quasi il 13% è analfabeta). Inizialmente la tv viene vista solo in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio. Ma già alla fine del ’54 la quota di popolazione servita supera il 48%. Nel ’61 raggiunge il 97% degli italiani. Nei primi 10 anni di vita gli abbonamenti crescono costantemente: dai 24.000 del ’54 a oltre 6 milioni nel ’65. Nello stesso periodo il cinema subisce un notevole calo nel numero di biglietti venduti. In ogni casa e ritrovo pubblico si raccoglie tutto il vicinato per vedere la tv. A differenza degli Usa, dove la tv nasce subito nel circuito commerciale, per cui non si paga canone, in Europa diventa invece strumento culturale delle istituzioni pubbliche. Non essendoci alternativa di scelta, il potere dell’utente era minimo. La tv come "servizio pubblico" viene pensata non solo come occasione di "intrattenimento", ma anche come strumento di "educazione e informazione". Infatti si pensa ch’essa possa aiutare a combattere l’ignoranza derivante dal diffuso analfabetismo. In tal senso essa contribuisce a creare una lingua nazionale molto più di quanto sia in grado di fare la scuola. Negli altri Paesi europei invece la tv può già contare su un livello medio di scolarizzazione. La serata di punta della neonata tv è costituita dalla prosa del venerdì (il primo divo della tv è Giorgio Albertazzi che legge delle novelle). La tv viene concepita come un "teatro domestico". Inizialmente i programmi durano quasi 4 ore. La pubblicità non esiste. Nei giorni feriali le trasmissioni iniziano alle 17,30 con la "Tv dei ragazzi" (che dura 1,30 minuti); poi s’interrompono per riprendere col tg delle 20,45, e durare sino alle 23 (replica del tg). La domenica invece s’inizia alle 11. Nel ’57 si ha una prima svolta: viene introdotta la pubblicità con "Carosello", con questa caratteristica: lo spettacolo prevale sullo spot. In un anno vengono trasmessi 1312 spot (circa 4 al giorno), per una durata di 49 ore (in media 9 minuti al giorno). Dopo "Carosello" bambini e ragazzi vanno a letto. Nel ’58 per la prima volta si decide di organizzare un corso di avviamento professionale per studenti residenti in località prive di scuole. Nel ’60 nasce "Non è mai troppo tardi", per combattere l’analfabetismo. Nel ’61 nasce il secondo canale. La giornata tv dura quasi 11 ore. Dal ’54 al ’61 la quota di programmi dedicati allo spettacolo cala dal 51% al 21,8%, mentre quella culturale sale dal 21% al 48,8% (stabile quella informativa: 30%). Col termine "cultura" s’intende in tv la fiction di tipo teatrale: prosa, lirica, originali tv, racconti e romanzi sceneggiati (assai pochi i film, i telefilm, i cartoni, anche perché i produttori non vogliono concedere alla tv i diritti di trasmissione). Molti i classici letterari trasmessi in tv: Delitto e castigo, Orgoglio e pregiudizio, L’idiota, Umiliati e offesi, Piccolo mondo antico… La lirica va presto in crisi perché la tv non è in grado di riprodurre l’atmosfera del teatro. I film sono sempre introdotti da una breve presentazione; i titoli non sono mai recenti e non sempre di grande interesse. Nel ’59 si ridurranno a 86 titoli in tutto. Ciò che rende la tv molto popolare è l’intrattenimento. Il primo programma che scatena entusiastici consensi è "Lascia o raddoppia?" (che imita un programma francese). Tra i programmi di maggior successo, "Un due e tre": i comici Tognazzi e Vianello vengono espulsi dalla Rai per aver preso in giro il Presidente della Repubblica. Nel ’61 la trasmissione più seguita resta sempre il tg (70% degli utenti). Sul piano politico la gestione della Rai è democristiana; la cultura di tendenza è quella umanistica; lo slogan principale è: "I partiti hanno i giornali, il governo ha la Rai". Fino al 1960 nessun leader di partito ha mai parlato in tv. Gli sport più seguiti sono il calcio e il ciclismo.
Nel 1961 il settore economico trainante è quello industriale (38%), poi vi è il terziario (32%), infine l’agricoltura (30%). I consumi privati tra il ’51 e il ’60 crescono del 65%. Il tasso di crescita di trasporti e telecomunicazioni cresce del 238%! Questo aumentato benessere fa aumentare gli abbonati alla Rai, la quale inoltre beneficia di maggiori introiti derivanti dalla pubblicità. Il monocolore democristiano, che ha dominato dal 1948, è entrato in crisi e si afferma il centro-sinistra. Di qui la nascita nel ’61 della seconda rete: si diversifica l’offerta televisiva.
Si notano subito tre novità: a differenza degli anni ’50, allorché si faceva coincidere produzione e messa in onda, si sviluppano i sistemi di registrazione, per cui il prodotto può essere riproposto, conservato e venduto; sul primo canale il punto di riferimento culturale privilegiato era stato il teatro; sul secondo invece diventa il cinema (la tv è disposta a pubblicizzare la cinematografia, cerca dei registi per la realizzazione degli spot di Carosello e per sceneggiati televisivi); sul secondo canale le trasmissioni iniziano e finiscano con mezz’ora di ritardo rispetto al primo e vengono offerte delle proposte alternative. Nel ’62, per la prima volta, la tv italiana si può collegare in diretta, via satellite, con l’America. Nascono anche le coproduzioni con paesi stranieri. Le ore di trasmissione diventano 12 (gli spot 17 minuti al giorno). Fino al ’68 la situazione non cambierà di molto. Gli abbonati sono 8,2 milioni, ma le persone che dichiarano di vedere la tv sono più del doppio. Per la prima volta l’interesse per i film (80%) supera quello dei tg (75%). Dal ’62 al ’68 lo spettacolo resta fermo al 25%, la cultura scende dal 45% al 36% e l’informazione sale dal 29% al 39%. I programmi più graditi sono gli sceneggiati (I promessi sposi, I Miserabili, La Freccia nera...). Il varietà diventa sempre più sfarzoso (Studio uno, Canzonissima, L’amico del giaguaro, Specchio segreto - la prima Candid Camera). Nel ’68 si cerca di portare il cabaret nel varietà, ma dopo la performance di Dario Fo vi si rinuncia. Sul piano sportivo fino al ’68 si trasmette solo in differita, ma con le Olimpiadi del Messico inizia la diretta (intercontinentale). Nel giro d’Italia compaiono per la prima volta le telecamere montate sulle motociclette che seguono la corsa. Nel ‘68-69 nasce la contestazione studentesca-operaia. Quotidiani e settimanali si svecchiano culturalmente, ma la Rai migliora solo sul piano tecnico-professionale. Questo limite della Rai dipende dalla sua posizione monopolista garantita dallo Stato. Negli anni ‘75-76 avviene la svolta: ha termine il monopolio della Rai, che fino a quel momento era stato visto come garante del pluralismo culturale. La Rai passa dal controllo governativo a quello parlamentare. Nascono le emittenti private, prima radiofoniche, poi televisive. Esse hanno ancora il divieto di andare oltre l’ambito locale (150.000 ab. come massimo bacino d’utenza). Prima del ’75 le uniche emittenti private che si potevano seguire erano Telemontecarlo, Tv Svizzera e Tv Capodistria.
Nel ’79 nasce anche la terza rete Rai, per dar voce alle Regioni, istituite nel ’70 (va in onda dalle 19 alle 23). Dal ’69 al ’75 lo spettacolo nella Rai resta fermo al 23%, la cultura cala dal 39% al 36%, l’informazione sale dal 36% al 40%. Negli anni ’70 la Rai diventa uno dei maggiori produttori cinematografici del Paese (nel ’75 i film sono 115). I programmi d’intrattenimento vanno in crisi (Canzonissima è spostata alla domenica pomeriggio, del festival di Sanremo si vede solo l’ultima serata...). A partire dal ’70 nei tg il conduttore sostituisce il lettore e coordina i vari giornalisti presenti in studio. Un anno prima lo sport si era conquistato un proprio spazio dentro il tg. La finale di Coppa Rimet del ’70 (Italia-Brasile) raggiunge per la prima volta oltre 28 milioni di telespettatori. Negli anni ’70 vi è il boom delle emittenti private: da 68 nel ’76 a 600 nell’81. Il loro palinsesto arriva alle 24 ore su 24. A causa di questa forte concorrenza la Rai subisce una radicale trasformazione: introduce il colore nel ’77, nell’81 le ore di trasmissione superano le 19; aumenta notevolmente la pubblicità, il settore culturale scende al 27%, superato da quello dello spettacolo: 37%, mentre l’informazione sale al 35%; acquisisce dagli Usa quasi tutti i film; cerca personaggi di sicuro richiamo per l’intrattenimento... Nell’84 realizza il televideo. Nel 1980 un’emittente privata della Rizzoli fa il primo tentativo di attacco al monopolio informativo della Rai a livello nazionale. Il tg è diretto da Costanzo. Tuttavia le emittenti private riescono a diffondersi a livello nazionale grazie allo sport. Nel 1980 Canale 5 può trasmettere il Mundialito in diretta in Lombardia e in differita nelle altre regioni. Alcune stazioni della Fininvest vengono oscurate perché trasmettono il tg al di fuori dei loro confini, ma il governo Craxi glielo permette, seppure tramite cassette pre-registrate. A Milano nasce l’Auditel (Rai + private) per il rilevamento dell’ascolto e per la definizione dei tariffari pubblicitari. Nell’87 il 90% della programmazione Fininvest è dedicato allo spettacolo, ma nel ’94 i palinsesti Rai - Finvest diventano sostanzialmente analoghi.
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