I Fori imperiali - Foro Romano
I
Fori Imperiali di Roma sono forse insieme al Colosseo la migliore
testimonianza della grandezza e della magnificenza dell'Impero Romano.
La città fondata secondo la tradizione da Romolo nel 753 a.C. tracciando
con l'aratro il perimetro dell'originale villaggio, durante il periodo
repubblicano diviene il centro più importante di tutto il mondo antico.
Nel I secolo d.C. Roma è ormai una città di oltre 1 milione di abitanti
ed ogni imperatore sviluppa il complesso dei fori sia per effettive
esigenze della cittadinanza sia per affermare la grandezza propria e
della famiglia di appartenenza.
Benché in definitiva la zona dei Fori Imperiali di Roma sia il risultato
di vari progetti successivi essa rimane oggi distinguibile in alcune
aree fortemente caratterizzate.
Il Foro Romano
Percorrendo il Foro in senso antiorario, ci si trova subito sulla Via
Sacra, che lo attraversa da est a ovest, su cui sfilavano i generali
vittoriosi per rendere grazie nel Tempio di Giove Ottimo Massimo sul
Campidoglio. A destra la Basilica Emilia(in onore della gens Emilia),
dove si amministrava la giustizia.Proseguendo sulla Via Sacra, si
incontra la grandeCuria Iulia, sede del Senato. Davanti alla Curia è il
Lapis niger, la pietra nera che indicava il luogo funesto della morte di
Romolo. Oltre la Curia si innalza la massa imponente dell'Arco di
Settimio Severo. Il lato corto settentrionale del Foro è chiuso dalla
tribuna degli oratori (i Rostri), che recava appesi i rostri delle navi
nemiche sconfitte ad Anzio (338 a.C.). Tra i Rostri e il Tabularium
(l'archivio di stato romano), i templi della Concordia, di Vespasiano e
di Saturno raccordano il Foro con il Campidoglio. All'angolo sud-ovest
del Foro vi è la Basilica Giulia, adibita all'amministrazione della
giustizia. In questa parte della piazza si ergono molte basi di statue e
una colonna dedicata nel 608 d.C. all'imperatore Foca. A est della
Basilica Giulia si innalzano le tre colonne superstiti del Tempio dei
Dioscuri e nella parte centrale del Foro il Tempio del Divo Giulio (29
a.C.), dedicato a Giulio Cesare divinizzato.Subito a est del Tempio di
Cesare è la Regia, edificio attribuito al secondo re di Roma, Numa. Di
fronte alla Regia sorge uno dei più antichi e importanti santuari di
Roma, il Tempio di Vesta, con annessa Casa delle Vestali. A est del
tempio di Antonino e Faustina è il Tempio di Romolo.L'enorme edificio
rettangolare subito a est è la Basilica di Massenzio, fatta costruire
dall'imperatore agli inizi del IV secolo. All'estremità nord-occidentale
del Foro si innalza il Tempio di Venere e Roma, opera dell'imperatore
Adriano (135 d.C.). Chiude il Foro sul lato corto settentrionale l'Arco
di Tito (circa 81 d.C.)
Il Foro di Augusto
ebbe origine da un voto che Ottaviano (futuro Augusto) fece a Marte
Ultore (cioè vendicatore) alla vigilia della battaglia di Filippi,
contro gli uccisori di Cesare, Bruto e Cassio, nel 42 a.C. Vinta la
battaglia, Ottaviano tenne fede al patto e, con il denaro ricavato dalla
preda bellica (ex manubiis), cominciò ad edificare il complesso.
Per la costruzione fu necessario espropriare alcune case di privati
piuttosto recalcitranti: da ciò il progetto subì delle riduzioni in
quanto Augusto non voleva attuarlo applicando le maniere forti nei loro
confronti. I lavori furono comunque molto lunghi: l'inaugurazione del
complesso si ebbe nel 2 a.C., ben quaranta anni dopo il pronunciamento
del sacro patto!
Il
Foro di Augusto era largo 118 m (comprese le esedre) e lungo 125 m:
l'area che attualmente si presenta al visitatore non rende assolutamente
l'idea di come si dovesse mostrare all'origine, schiacciata com'è dalle
vie moderne. In effetti l'area forense si estendeva molto più verso
ovest (al di sotto cioè dell'attuale Via dei Fori Imperiali). Il Foro
era delimitato sul fondo da un imponente muro in tufo e peperino
dell'altezza di 30 m. Tale poderosa costruzione aveva lo scopo di
separare il Foro stesso dal retrostante quartiere plebeo della Subura,
soggetto, tra l'altro, a frequenti incendi. Lungo questo muro, ai lati
del tempio di Marte Ultore, si aprivano due ingressi secondari: quello
più a nord a tre fornici, quello più sud (noto col nome di Arco dei
Pantani) ad un solo fornice. Il dislivello che vi era tra la Subura (più
alta) e il Foro (più basso) era coperto da due scalinate. La piazza,
rettangolare, era fiancheggiata da due portici ed era occupata sul fondo
dal maestoso tempio di Marte. Questo si ergeva su un alto podio in
blocchi di tufo, rivestito di marmo: attraverso una scalinata di 16
gradini si giungeva al pronao al centro del quale era l'altare. Il
tempio aveva sulla fronte otto colonne corinzie alte ben 15 m.: su
ciascun lato si disponevano altre otto colonne. Il frontone era ornato
da una scena di carattere simbolico e religioso: al centro era Marte
appoggiato ad una lancia, alla sua destra erano Venere ed Eros, seguiti
da Romolo in atto di prendere gli auspici, alla sua sinistra la dea
Fortuna con la cornucopia, seguita dalla dea Roma armata. Alle estremità
erano le personificazioni del Palatino e del Tevere. La cella era
scandita da sette colonne per lato tra le quali erano ricavate delle
nicchie che dovevano contenere delle statue. Sul fondo della cella vi
era un'abside in cui era una base che sosteneva le tre statue di culto:
Marte, Venere e Cesare divinizzato. Dietro il basamento era il
penetrale, nel quale erano conservate le insegne legionarie sottratte a
Crasso e ad Antonio dai Parti e restituite ad Augusto. I due portici
colonnati che costeggiavano la piazza erano rialzati su tre gradini e
sostenevano un alto attico ornato di Cariatidi (statue di donne con
funzione di colonne), copie di quelle dell'Eretteo di Atene, alternate a
scudi con teste di Giove Ammone e di altre divinità. All'altezza del
tempio lungo ciascun portico si apriva un'esedra semicircolare. Sui muri
di fondo dei portici e delle esedre alle colonne erano alternate delle
nicchie semicircolari contenenti statue di personaggi importanti. Le
statue delle esedre erano grandi il doppio rispetto alle altre e
rispecchiavano un preciso programma figurativo. Nell'esedra del lato
nord, nella nicchia centrale, era il gruppo di Enea con Anchise (il
padre) ed Ascanio(il figlio): ai lati si disponevano gli antenati della
dinastia Iulia e i re di Alba Longa. Sull'esedra opposta al centro era
la statua di Romolo e ai lati i summi viri, ossia i personaggi più
importanti della Repubblica. In fondo al portico di sinistra si apriva
una grande sala quadrata con ricca decorazione marmorea: in essa è il
basamento di una gigantesca statua (alta 14 m) di Augusto divinizzato,
posta qui dall'imperatore Claudio. Nella parte non scavata della piazza,
al centro di essa e in asse con il tempio, era una grande statua di
Augusto su carro trionfale.
Nel Foro si svolgevano solenni funzioni:
nel
tempio di Marte si riuniva il Senato per dichiarare la guerra e sancire
la pace; sull'altare dello stesso tempio i governatori, prima di partire
per le loro sedi, sacrificavano; qui venivano poste le statue dei
generali vittoriosi e i giovani patrizi, usciti dalla minore età, si
iscrivevano nelle liste militari. Nel Medioevo, nei primi decenni del IX
sec. d. C., i monaci basiliani fondarono una chiesa sopra la cella del
tempio di Marte Ultore.
La chiesa fu chiamata San Basilio in scala mortuorum, per la presenza di
una cripta mortuaria. Nel XII sec. alla chiesa fu aggiunto un campanile
che, addossato alle superstiti colonne del tempio sul lato orientale, ha
di queste permesso la sopravvivenza fino ai nostri giorni. Esso fu
demolito nel 1838.
Alla fine del XII sec. i Cavalieri di Rodi si insediarono sull'emiciclo
settentrionale del Foro di Augusto; nel XVI sec. assunsero anche la
gestione dell'adiacente chiesa di San Basilio, rivendicandola a San
Giovanni Battista. La chiesa e il convento furono definitivamente
distrutti con l'inizio degli scavi del Foro, nel 1926.
Il Foro di Cesare
La costruzione del Foro di Cesare, il primo tra i Fori Imperiali in
ordine di tempo, rispondeva alle nuove esigenze di Roma: il Foro
repubblicano era, infatti, diventato insufficiente ad assolvere le
funzioni amministrative e monumentali. In un primo momento, perciò, la
piazza doveva presentarsi come un ampliamento dell'antico Foro
Nel 54 a. C. Giulio Cesare diede inizio ai lavori, cominciando con
l'acquistare il terreno, occupato da case private, per l'elevatissima
cifra di 60 milioni di sesterzi: dell'acquisto si occupò Cicerone il
quale ne tramanda il ricordo. Il Foro, una piazza rettangolare allungata
(160 x 75 m) porticata, orientata ortogonalmente rispetto all'Argiletum
dal quale era l'accesso, era conclusa ad ovest, secondo una visione
assiale, dal tempio di Venere Genitrice, madre di Enea, capostipite
della dinastia Iulia, dalla quale Cesare vantava la discendenza. È
chiara perciò la funzione ideologica e propagandistica della
disposizione della statua di culto in fondo all'abside del tempio,
destinata ad esaltare, attraverso la progenitrice della dinastia, lo
stesso dittatore. Tale tempio, costruito in seguito allo scioglimento di
un voto fatto da Cesare nella battaglia di Fàrsalo (48 a. C.) e dedicato
nel 46 a. C., fu portato a termine da Ottaviano dopo la morte del
dittatore. Un totale rifacimento di esso si ebbe nel 113 d. C.: in
quell'anno la piazza fu ampliata verso ovest e, nella zona
precedentemente occupata dall'Atrium Libertatis (sede dell'archivio dei
censori), venne costruita la Basilica Argentaria (dei banchieri). Fu
ricostruito di nuovo in seguito all'incendio del 283 d.C., che distrusse
anche diversi monumenti del Foro Repubblicano. Il tempio aveva otto
colonne sulla fronte ed era periptero, ossia con le colonne anche sui
lati lunghi, ma sine postico, aveva, cioè, il lato di fondo cieco. Una
fontana ornava la fronte del podio, che veniva raggiunto tramite due
scalinate sui fianchi. Le tre colonne corinzie superstiti, rialzate,
sono state completate con mattoni. All'interno la cella era absidata: si
tratta di uno dei primi templi ad abside in Roma. Nell'abside era la
statua di Venere Genitrice, opera di Arcesilao, ma nella cella erano
conservate anche altre opere d'arte: una statua di Cesare, una di
Cleopatra, in bronzo dorato, e diversi quadri. Al centro della piazza,
come ricorda Stazio, era la statua bronzea di Cesare su un cavallo le
cui zampe anteriori avevano la forma di piedi umani. I tempi non erano
ancora maturi per la divinizzazione del dittatore (e quindi per la
presenza di una sua statua di culto all'interno del tempio), ma la
posizione della statua equestre riceveva una sacralizzazione dall'essere
perfettamente in asse con quella di culto di Venere. Svetonio racconta
che il dittatore ricevette un giorno il Senato seduto al centro del
podio del tempio stesso: si trasformava così in una vera e propria
divinità. Nei portici, disposti sui lati lunghi della piazza e rialzati
rispetto ad essa tramite tre gradini, si trovavano molte statue
decorative. Sul lato sud ovest una serie di tabernae (botteghe) di varia
profondità, poste subito dietro il doppio colonnato del portico,
presentano in facciata due piani sovrapposti (alcune delle basse
aperture del secondo piano furono chiuse in età traianea per motivi
statici) sormontati da arcate a tutto sesto. Queste botteghe
appartengono alla fase più antica, cesariana, del Foro. Sul fondo del
colonnato che precedeva le botteghe, tramite due scalinate si accedeva
ad un edificio in laterizio, costituito da una doppia serie di pilastri
disposti a squadra coperti da volte, identificato con la Basilica
Argentaria. Sul muro di fondo di esso sono state scoperte numerose
iscrizioni graffite tra cui alcuni versi dell'Eneide: questo ha portato
a pensare all'ubicazione in questa sede di una scuola. Nei primi tempi
del Cristianesimo, secondo una leggenda, nel Foro c'era una chiesetta
dedicata a S. Abacuc, probabile corruzione di Abbaciro, nome dato anche
ad un'altra chiesetta che doveva trovarsi nel Foro Olitorio.
Lo scavo del Foro di Cesare ebbe inizio nei primi decenni del '900 con
l'abbattimento delle case appartenenti ad un quartiere sorto nel
Rinascimento tra il Colosseo e Piazza Venezia sopra ai Fori Imperiali.
Al momento dell'apertura della Via dei Fori Imperiali (allora Via
dell'Impero), nel 1932, furono poste le riproduzioni bronzee delle
statue di alcuni imperatori romani. Tra esse proprio quella di Cesare,
ancor oggi visibile presso il Foro, fuori dell'area scavata, fu
testimone di una delle ultime pasquinate registrate a Roma. L'Abissinia
era stata appena conquistata e si era proclamato l'Impero, ma il pane
rimaneva assolutamente immangiabile. Una mattina fu trovato uno
sfilatino appeso al collo della statua con questi versi: Cesare, tu che
c'iai lo stommico de fero magnete 'sto pane de l'impero!
Lo scavo del Foro è attualmente in corso nella sua parte meridionale.
Foro di Nerva
Tale Foro ebbe anche la denominazione di Transitorio, in quanto posto
nell'esiguo spazio allungato esistente tra il Foro di Augusto, quello di
Cesare, quello repubblicano e il Foro della Pace, i quali venivano in
tal modo messi in comunicazione con loro. Iniziato da Domiziano, fu
inaugurato solo dopo la sua morte, nel 98 d. C., da Nerva, dal quale
prese il nome
La piazza era lunga e stretta (120 x 45 m) ed era dominata sul lato nord
dal tempio di Minerva, divinità alla quale Domiziano era particolarmente
devoto. La ristrettezza di questa piazza, la quale occupava l'ultimo
spazio disponibile nella zona (prima che Traiano sbancasse la collina
tra Campidoglio e Quirinale), non permise però la creazione in essa di
un vero e proprio portico: per ovviare a questa assenza si realizzò
allora un colonnato a brevissima distanza dal muro di fondo,
collegandolo ad esso tramite tratti di architrave. Sul lato sud, dietro
la Basilica Emilia, il muro della piazza era curvo: dovevano essere qui
gli archi di passaggio al Foro di Cesare e a quello repubblicano.
Probabilmente al momento della creazione di questa piazza fu abbattuto
l'antico arco di Giano che si trovava all'inizio dell'Argiletum (antica
strada di accesso al Foro repubblicano dall'Esquilino): esso fu
ricostruito, quadrifronte, oppure al suo posto si realizzò un tempio,
dedicato a questa divinità. Sembra infatti (secondo una fonte medievale)
che un tempio simmetrico a quello di Minerva si trovasse su questo lato
meridionale della piazza. Del tempio di Minerva non possediamo che il
nucleo informe del podio, sotto il quale passa un tratto della Cloaca
Massima (nella nuova realizzazione domizianea). Del colonnato non
rimangono che le due celebri colonne scanalate, dette "le colonnacce" e
il relativo tratto di muro di fondo, cui aderivano: esse conservano
sull'attico un bassorilievo raffigurante Minerva e sul fregio un rilievo
con varie figure di donne intente in lavori femminili (Minerva era la
protettrice dell'artigianato), interpretato in genere con il mito di
Aracne. Nella piazza era anche l'Arcus Nervae, di accesso al Foro, di
collocazione ancora dubbia. Dietro al tempio di Minerva, verso la Subura
(un quartiere povero e malfamato), si apre un'esedra a forma di ferro di
cavallo, preceduta da un colonnato, che è stata identificata con la
Porticus Absidata. Al di sotto della pavimentazione della piazza, sul
lato nord, sono state trovate 2 tombe della prima età del Ferro, simili
a quelle del sepolcreto del Foro Romano. I recenti lavori di scavo, che
hanno interessato tutta la piazza antistante l'ingresso al Foro Romano
(largo Romolo e Remo), hanno riportato in luce, oltre a resti della
pavimentazione domizianea del Foro, in lastre marmoree rettangolari di
marmo bianco (piuttosto consunte), a un altro tratto della Cloaca
Massima domizianea, coperta a cappuccina, a resti del Macellum
repubblicano, alle fondazioni del presunto tempio (o arco) di Giano,
anche interessanti costruzioni medievali. Si tratta di strutture
abitative (aristocratiche) impiantatesi proprio sulla pavimentazione
domizianea, datate alla fine dell'VIII sec. d. C.: di esse una, in
blocchi di peperino di reimpiego, ebbe anche un successivo ampliamento
tramite un portico ad arcate. Si è inoltre rinvenuta una strada
ciottolata, che riprendeva in parte il percorso dell'Argiletum e che
pare sia stata utilizzata per le processioni papali. Nel Medioevo il
Foro assunse il toponimo di "Arca di Noè" o "de Arca Noe", derivante
dalla corruzione del nome dell'Arcus Nervae, contenuto nel Foro. Secondo
alcuni tale deformazione derivò dal fatto che l'arco emergeva, come la
biblica arca, dai pantani che invadevano la zona. Un'altra corruzione
portava all'esistenza dell'arco di Oro o di Aurea: due chiese
mantenevano questo toponimo, S. Maria in Arco di Oro (o de Arca Noe) e
S. Andrea dell'Arco di Oro. Sotto il pontificato di Pio V (1566-1572)
venne realizzato nell'area un importante progetto di bonifica e di
sistemazione urbanistica. La zona paludosa (vedi il toponimo "Li
Pantani" o "Arco dei Pantani" per la zona dell'adiacente Foro di
Augusto) e malsana, venne interrata per oltre 3 m e su questo interro si
creò il nuovo sistema stradale e un nuovo impianto fognario. Il tempio
di Minerva fu fatto demolire da papa Paolo V (1605-1621) per ricavarne
marmi per la fontana dell' Acqua Paola sul Gianicolo.
Foro Traiano
Questo
grande complesso a carattere utilitario, tutto in laterizio a vista, fu
ideato e realizzato da Apollodoro di Damasco, lo stesso ideatore del
Foro di Traiano. Diviso dalla piazza rettangolare del Foro da un muro in
blocchi di peperino e posizionato nel punto dove fu operato il taglio
della collina che collegava il Quirinale e il Campidoglio esso è
disposto su una seria di gradini successivi. Proprio perché destinato a
sostenere e nascondere il taglio del Quirinale è naturale pensare che fu
costruito prima del Foro, tra il 110 e il 112 d. C
La facciata è costituita dalla grande esedra che inglobava quella
orientale del Foro di Traiano dalla quale era divisa, oltre che dal muro
in peperino, anche da una strada basolata. Alle estremità di questa
esedra erano due sale semicircolari, coperte da mezza cupola, forse
utilizzate come scuole o auditori: nei Fori, infatti, nella tarda
antichità, si svolgevano corsi di insegnamento superiore, che potevano
avvalersi delle vicine biblioteche. L'esedra presenta in basso le
aperture di 11 tabernae (botteghe) e due ingressi, alle estremità. Le
porte delle botteghe hanno stipiti ed architravi in travertino e, al di
sopra di ciascuna, è posta una finestrella che forniva l'illuminazione
del cosiddetto mezzanino, un soppalco ligneo generalmente ricavato a
metà dell'altezza totale del vano. Esso veniva in genere utilizzato come
deposito delle merci, ma in alcuni casi, da parte dei commercianti più
poveri, come dimora per la notte. Al di sopra delle tabernae si aprono
delle finestrine ad arco: queste danno luce ad un corridoio coperto a
volta lungo il quale si aprono 10 botteghe: queste proseguono, a nord,
costituendo un'altra doppia fila su corridoio. In esse sono stati
trovati depositi pieni di giare (dolia) e per questo motivo si è
ipotizzato che qui si vendessero olio e vino. Il terzo piano
dell'emiciclo era costituito da una terrazza dove si aprivano ancora
delle botteghe, ma orientate in senso opposto rispetto alle precedenti,
in direzione della strada antica basolata che si conserva ancor oggi
splendidamente e costituisce, soprattutto nella parte che prospetta su
Via Magnanapoli, un suggestivo spaccato di Roma antica. Questa strada,
che si svolge in salita da N a S, è la Via Biberatica, ricordata solo
nel Medioevo ma che doveva avere sin dall'antichità tale nome: biber nel
latino tardo è un termine che significa "bevanda" (da bibere, bere), per
cui si è pensato che le botteghe che la affiancavano vendessero bevande.
Altri hanno voluto vedere nella parola la corruzione di piper, pepe, per
cui si è supposto che i negozi fossero luoghi di vendita di spezie. Una
scala porta dalla Via Biberatica ad un ambiente grandioso, il centro di
tutto il complesso. L'aula principale è arditamente costruita con
un'altezza di due piani, voltata con sei crociere: la sensazione di
ariosità e di luce doveva essere paragonabile a quella propria delle
aule basilicali. Questa struttura, non molto lontana dall'idea dei bazar
orientali, può essere paragonata agli odierni centri commerciali. Al
pianterreno si aprono file di sei botteghe per lato, mentre al piano
superiore esse sono precedute da un corridoio. Sul lato sud della sala
si può accedere ad una serie di ambienti su due piani che, proprio per
questa disposizione appartata, sembrano aver avuto una diversa funzione
all'interno del complesso: erano forse degli uffici destinati alla
direzione dell'intera struttura. Recentemente in essi è stato realizzato
l'Antiquarium del Foro di Traiano.
Nel 472 d.C. si ebbe l'invasione dei Suebi di Ricimero e alcune sue
truppe si stanziarono nei Mercati. Nel 552 i Bizantini si impossessarono
di Roma: fu allora che occuparono questo complesso e lo fortificarono. A
lungo si credette che la Torre delle Milizie fosse la torre dalla quale
Nerone aveva osservato l'incendio di Roma, declamando versi dell'Iliade:
in realtà si tratta solo di una suggestiva fantasia priva di alcun
fondamento in quanto la torre fu costruita sui Mercati intorno al 1200 (XIII
sec. d.C.) a scopi difensivi. I ferri che è ancora possibile osservare
sulla torre servivano nel Medioevo a sorreggere le fiaccole o le torce
accese per dare il segnale ai soldati in caso di assalto. Più tardi
servirono invece ad indicare festività solenni.