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Concerto del Primo Maggio
Il concerto del Primo
Maggio, grande festa dei lavoratori, è uno dei grandi eventi della capitale
che ogni anno, indetto dai Sindacati, si rinnova da 14 anni e si tiene
tradizionalmente a piazza San Giovanni a Roma.
Tanto divertimento,
grandi artisti ed ovviamente musica a volontà per tutte le nove ore:
dalle
14 alle 23. In quella che è stata definita la “Woodstock italiana”, si
esibiscono famosi artisti nazionali ed internazionali, gruppi emergenti e
realtà musicali non legate agli usuali circuiti di distribuzione musicale.
Un
concerto che non vive di solo... lavoro.
Volontariato,
emarginazione, disoccupazione,
amore,
pace: il contesto sociale ha infatti influenzato ogni anno il
palco
e chi vi è salito, evidenziando ogni volta un tema che è diventato poi lo
slogan
di ciascuna edizione.
Tra gli obiettivi del
concerto c’è anche l’intento di sviluppare tra i giovani una forte coscienza
civile verso i temi scottanti dell’attualità come la pace ed il terrorismo e
grandi battaglie dell’umanità come quelle iniziate dai lavoratori più di un
secolo fa e portate avanti per decenni.
Così,
al di là
di slogan e dichiarazioni il concerto del
Primo Maggio
è soprattutto musica, che diviene collante straordinario per
migliaia di giovani che desiderano divertirsi, cantare con i propri
beniamini senza dimenticare i problemi e le difficili situazioni, nazionali
e internazionali, che esistono fuori dalla piazza.
Il Primo maggio:
storia e significato di una ricorrenza
Origini del
Primo maggio
Tra Ottocento e Novecento
Il Ventennio fascista
Dal dopoguerra a oggi
Il
1° Maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori,
senza barriere geografiche, né tanto meno sociali, per affermare i propri
diritti, per raggiungere obiettivi, per migliorare la propria condizione.
"Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine,
coniata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento
sindacale organizzato del primo Novecento. Si aprì così la strada a
rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il primo Maggio,
appunto, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una
forma di lotta e per affermare la propria autonomia e indipendenza. La
storia del primo Maggio rappresenta, oggi, il segno delle trasformazioni che
hanno caratterizzato i flussi politici e sociali all'interno del movimento
operaio dalla fine del secolo scorso in poi.
Il 1° maggio vede i suoi albori il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare
l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni
nella capitale francese deliberò:
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo
che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso
giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per
legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre
risoluzioni del Congresso di Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una
scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande
manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.
Man
mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori
intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato della
manifestazione indetta.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 -
ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il
mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai
padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e
di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la
propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a
chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!".
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la
stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti
di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi
sconvolgimenti potranno accadere.
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli
apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando
drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica
sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero
di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla
giornata festiva.
Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la
mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito
socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire -
rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa
poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per
rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da
gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare
semplicemente una solidarietà internazionale di classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice
sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima
volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata
ad un'iniziativa di carattere internazionale.
In
numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno
registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio
significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al
lavoro, ci vanno vestiti a festa.
"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in
ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti
e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti
socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto
pessimista".
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels
- passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo
esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai
capitalisti".
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione
unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo.
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e
induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in
avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".
Tra Ottocento e
Novecento:
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il
movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e
maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo
da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali
considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle
masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che
investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi
anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione
del suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e
contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di
svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ?
Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1
maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e
dell'altra caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle",
ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle
circostanze più lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono
festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le
otto ore.
Il Ventennio fascista:
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini
arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno
del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai
lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai
"sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal
garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di
volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.
Dal dopoguerra ad
oggi:
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori,
anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si
ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della
Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i
lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di
lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per
vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la
loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto
che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire
la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle
tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.
Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico,
mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per
i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo
aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti:
"Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione
volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e
un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie
forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a
quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed
effetto al tempo stesso di una festa".
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